L’ULTIMO UOMO Il testo riflette sulle idee di Byung-Chul Han espresse ne La società della stanchezza, che descrive l'individuo contemporaneo come un "soggetto di prestazione", schiacciato dall'ossessione per la produttività, l'efficienza e l'autorealizzazione. In una società in cui ogni spazio e tempo è permeato dal lavoro, l'essere umano si trasforma in una macchina che si autosfrutta fino al burnout, vittima di una libertà illusoria. Il mito di Prometeo, incatenato e in lotta continua con sé stesso, diventa metafora di questo autosfruttamento. Tuttavia, Han propone una via alternativa: una "stanchezza che cura", un momento di sospensione e riflessione, simile allo Shabbat e alla vita contemplativa di Aristotele. Questa stanchezza profonda diventa possibilità di salvezza, contro l'imperativo del fare continuo. Il progetto coreografico, ispirato da queste riflessioni, intende portare sulla scena la figura dell'"ultimo uomo", stimolando nello spettatore una riflessione critica sul nostro rapporto col tempo, la velocità, il senso del fare e la necessità di riscoprire spazi vuoti, non produttivi, indispensabili per l'umanità. PROMISED LAND Camminiamo senza sosta, verso un miraggio che è l’unica certezza, lasciamo ciò che ci è stato tolto, negli occhi sono impresse indelebili le memorie, sempre più lontana quella piccola o grande casa, la nostra terra: la nostalgia indurisce i nostri cuori... Cerchiamo solo la dolce sensazione di abbandonarci in uno spazio per noi:senza paura, solo la morbida carezza del nostro ed unico suolo”. Leah Par – profuga della vita
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